Lapide 2

Per chi entra nello scalone monumentale, di fronte alla prima rampa, è fissata una severa lapide di marmo scuro, che assolve bene il suo dovere funerario: è dedicata, infatti, ad uno sfortunato personaggio “poco racconigese” del XIX secolo, ma che, evidentemente, la civica rappresentanza in carica nel 1896 considerava degno di essere additato ai posteri ed “emulato dalla gioventù italiana”.

Si tratta dell’ufficiale Pietro Toselli da Peveragno, commemorato in quella estate del 1896 in cui l’esercito regio aveva ben poco di cui gloriarsi: nel marzo di quell’anno, infatti, le truppe italiane, guidate dal generale saviglianese Giuseppe Arimondi, avevano subito una delle tante sconfitte clamorose nella loro storia successiva al 1861, cioè il disastro di Adua, nell’attuale Etiopia, che segnò una lunga sospensione delle illusioni coloniali nostrane in quell’angolo del corno d’Africa.

Le sconfitte in Etiopia fra il 1895 e il 1896 furono particolarmente brucianti perché patite ad opera di nemici considerati inferiori sotto tutti gli aspetti. Come il generale saviglianese Arimondi, anche l’ufficiale “racconigese” Toselli finì i suoi giorni in modo inglorioso e cruento; la lapide, però, dice che “morì come gli eroi e che l’Africa e l’Europa l’ammirano”. Pietro Toselli, da giovane, aveva iniziato la sua carriera militare “con profondi studi e nobili intenti” nell’allora collegio per gli ufficiali di Racconigi, che fu situato, dal 1829 al 1868, nell’edificio casermesco di via Ormesano, che divenne poi, nel 1869, il reparto Chiarugi del nascente Manicomio provinciale di Cuneo in Racconigi. Il giovane tenente aveva poi lasciato per sempre la nostra città, ma, dal 1873 al 1878, suo fratello Enrico era stato il secondo direttore generale del Manicomio di Racconigi: da notare, comunque, nella lapide stessa, la bellezza del busto di Pietro Toselli, riportato in alto ed in mezzo a motivi floreali, tipici del periodo “liberty”.

 

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